Storie: Don Rito Maresca e l’esperienza di Birmingham
Ciao Don Rito
Ciao
Puoi parlarci di te?
Certamente. Sono Don Rito Maresca, parroco in una cittadina nella provincia di Napoli, prete da quasi 12 anni (S. Maria di Galatea Arcidiocesi di Sorrento-Castellammare di Stabia).
Un prete giovane quindi?
No, ormai non appartengo più alla categoria dei “preti giovani” ma conservo nel cuore, nonostante le mille difficoltà esterne e gli ancor più numerosi fallimenti personali, il desiderio di vivere la freschezza del vangelo, la bellezza della buona notizia, della “Buona novità” di Gesù Cristo.
Difficoltà?
Si esatto. Oggi nelle nostre comunità non è scontato che il vangelo sia davvero accolto come una notizia sempre nuova e ancor di più bella ed entusiasmante. Come parroco mi chiedo come sia possibile che tante comunità e tanti fedeli siano come “assuefatti al vangelo”.
Puoi dirci di più?
Mi chiedo: perché il vangelo non riscalda più il cuore? Perché non accende di contagioso desiderio missionario quanti vivono le nostre eucaristie domenicali né incuriosisce quanti per tante ragioni ne sono ai margini o addirittura lontani?Domande che emergono in maniera simile in ogni parroco che cerchi di assomigliare al bel pastore.
Domande interessanti. Sei riuscito a trovare una risposta?
Diciamo che ci sto ancora lavorando. Da qui infatti è nata la mia ricerca, il desiderio di trovare altri modi per parlare al cuore degli uomini del XXI secolo.
E cos’hai scoperto?
Dopo le passioni da buon seminarista e prete novello per la pastorale giovanile, ho riscoperto la centralità della famiglia, come crocevia della vita, snodo per tutte le fasce di età e per tutte le situazioni, vero santuario, avamposto della comunità cristiana nel mondo.
La riscoperta della famiglia non solo come destinataria della cura pastorale ma anche soggetto attivo nella nuova evangelizzazione. Mi è stato di grande aiuto l’incontro con l’attività straordinaria del Progetto Mistero Grande, che a sua volta mi ha permesso conoscere il The Marriage Course e da qui la realtà dei Corsi Alpha.
Cos’è per te Alpha?
Alpha è uno strumento di evangelizzazione volto non solo a trasmettere contenuti ma a far sentire le persone, spesso così sole, di nuovo parte di una comunità, di un piccolo gruppo capace di intessere relazioni di vera amicizia.
E tutto questo semplicemente attraverso una cena insieme, un video con delle provocazioni sulle domande basilari circa la vita e una discussione in piccoli gruppi.
Lo ritieni utile per la tua missione?
Si certamente. Perché va a cogliere il bisogno profondo dell’uomo. Perché riesce a raggiungere le persone distanti dalla vita parrocchiale. Perché ti aiuta a rianimare quelle che pur vivendo da anni nell’ovile della chiesa forse non riuscivano più a trasformare la loro fede in uno slancio missionario.
Hai già avuto modo di sperimentarlo?
Sì lo stiamo usando, e già da queste prime battute ho avuto modo di sperimentarne la bellezza, la capacità di raggiungere i lontani, di superare tanti pregiudizi sulla vita della chiesa e sul suo magistero. Ho avuto modo di iniziare a seguire le indicazioni di papa Francesco quando ci chiede di “attivare processi, più che occupare spazi”.
So che sei appena stato a Birmingham, ci vuoi raccontare?
Prima di partire con Alpha mi sono chiesto: “e dopo Alpha?”. Penso sia fondamentale porsi questa domanda. Non è certo un corso in 11 settimane infatti che più cambiare la vita di uomo e della chiesa!
Così cercando ho trovato le medesime domande in un testo dal titolo Divino Rinnovamento, di padre James Mallon, parroco ad Halifax in Canada (edito da Edizioni Messaggere Padova con la prefazione di Mons. Nunzio Galantino).
Di cosa parla questo libro?
Padre James è riuscito a mettere nero su bianco le domande spesso silenziose di tanti tra noi preti e pastori, su come traghettare la Chiesa da una pastorale di “mantenimento” ad una davvero missionaria.
In linea con quanto espresso da papa Francesco in Evangelii gaudium 27, padre James ha provato a riprogettare tutta la pastorale parrocchiale, per trasformare le ormai poche, vecchie e forse troppo sazie pecore rimaste nell’ovile della Chiesa in discepoli missionari.
E c’è riuscito?
Non volendo “spoilerare” nulla del libro direi che è sulla buona strada. E’ veramente un cambio di prospettiva, perché la sfida non è come far venire nuove persone in chiesa, ma come spingere quelle che già ci sono ad uscire, ad andare nel mondo e invitare altri.
E Birmingham?
A Birmingham in febbraio si tenuto il convegno di Divine renovation.UK, con Padre James Mallon, e tanti altri sacerdoti e responsabili di comunità che stanno iniziando a sperimentare le indicazioni del testo Divino Rinnovamento.
Non solo un libro, ma un metodo quindi. E’ corretto?
In un certo senso sì. Il testo ha attivato in America e Inghilterra una vera e propria rete di parrocchie desiderose di rinnovamento, una rete fatta di conferenze continentali e nazionali, di un servizio di formazione e tutoraggio per i leader e gli operatori pastorali, perché nelle comunità cristiane e in modo particolare cattoliche si diffonda una sana cultura ecclesiale.
Cosa intendi per sana cultura ecclesiale?
Intendo che ogni organismo, se sano, non può che crescere: nessuno si chiede o si stupisce della crescita di un bambino. Se questa non avviene è invece indice di una difficoltà o di una malattia.
Lo stesso avviene per la Chiesa, corpo di Cristo: nelle condizioni ottimali essa cresce, così come il seme gettato nella terra, germoglia senza neanche bisogno che il contadino ne conosca precisamente la modalità.
Quando però questo seme non porta frutto allora dobbiamo tornare a riguardare il terreno su cui esso cade: come ci ricorda la parabola del seminatore può essere di diverso tipo. Non possiamo dubitare della bontà e della Potenza del seme, ma dobbiamo invece guardare al terreno delle nostre comunità spesso così infecondo.
Mi ricorda un po’ la parabola della vite
Sì esatto. Ed è la frustrante esperienza di tanti preti che a tanto impegno vedono corrispondere così poco frutto. Nella parabola della vite, il vignaiolo taglia i rami che non portano frutto e pota quelli che ne portano perché siano ancora più fruttuosi.
In una lettura pastorale, quanti sono i rami infruttuosi che ostinatamente continuiamo a conservare nella chiesa, strutture e impegni che continuiamo a tenere in vita e che succhiano energia senza portare frutto?
Quali invece i rami fecondi che con un ulteriore discernimento potrebbero essere ancora più fecondi. Con una battuta di padre James: Dio non ci chiede di essere impegnati ma di essere fecondi e di portare frutto in abbondanza.
Un libro che consiglieresti quindi?
Certamente, Divino Rinnovamento mi sembra essere una strada in cui si intravede una luce, una possibilità testimoniata non solo dalla parrocchia di San Benedetto in Halifax ma dalle tante parrocchie in Europa che lo stanno sperimentando.
Lo consiglierei di cuore soprattutto a quanti non si accontentano di portare avanti una pastorale basata su strutture, che sono state sì fondamentali in passato ma che non rispondono più alle esigenze di un mondo profondamente cambiato.
Una lettura da tradurre poi ciascuno come può nella propria realtà, cercando quella connessione tra parrocchie missionarie necessaria per affrontare le sfide del terzo millennio.
Grazie don Rito
Grazie a voi e un abbraccio fraterno in Cristo